“Street food”, un click del mouse… e in mezzo secondo Google ti restituisce addirittura 118 milioni di risultati. Il cibo di strada è di moda, non c’è dubbio. Ed è anche piacevole: dalla colazione (magari all’americana con i muffin), al pranzo mordi e fuggi in stile multietnico, fino all’happy hour e alla cena, l’intera giornata alimentare si potrebbe risolvere on the road, all’insegna del gusto e della libertà. Purché non ci si dimentichi della salute e dell’igiene…
SI MANGIA FUORI!
«Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati»
«Dove andiamo?»
«Non lo so, ma dobbiamo andare».
Probabilmente Jack Kerouac, autore nei primi anni ’50 del libro cult “On the Road”, non si immaginava che, sessant’anni dopo, la filosofia del vivere la strada sarebbe esplosa nell’incontenibile fiorire di baracchini, panetterie, bancarelle, furgoncini che costellano oggi le vie di ogni città e paese. All’insegna del “che bello mangiare per strada”, c’è solo l’imbarazzo della scelta per unire il piacere del gusto e quello del viaggio, sotto il denominatore comune della scoperta. Scoperta di luoghi, di sapori, di tradizioni e anche di persone. In una relazione così diversa da quella un po’ asettica della solita tavola calda, piuttosto che di un autogrill dai sapori omologati. Ma la scoperta è figlia dell’avventura, o almeno della ricerca, che per portare a piacevoli sorprese richiede sempre di essere affrontata con un minimo di attenzione e preparazione, perché soprattutto in estate mal di pancia e indigestione sono sempre in agguato…
L’identikit del perfetto street food
Prima di partire alla scoperta del cibo di strada più tipico delle nostre regioni, vale allora la pena di ricordare quali sono gli elementi irrinunciabili che qualificano un vero street food all’italiana. Per farlo si può prendere spunto dal decalogo dell’Associazione “Streetfood” (www.streetfood.it) nata ufficialmente nel 2008 sull’input di un progetto di ricerca di Master Universitario, attivato presso il Polo Aretino dell’Università di Siena “Le Rotte del Gusto” per “Esperti in Turismo Enogastronomico e Comunicazione Massmediatica di Culture Culinarie e Prodotti di Nicchia”. Ecco come, secondo l’associazione, si riconosce l’autentico street food:
- rispetta storia e tradizioni anche nell’esecuzione delle ricette.
- Utilizza ingredienti tipici e tradizionali del territorio.
- Rispetta un sapere e un saper fare tramandati, senza corromperli.
- Rispetta il legame con il territorio di appartenenza.
- Utilizza strumenti artigianali, originali o rivisitati per la preparazione, cottura e somministrazione del cibo.
- Rispetta le normative sull’igiene impartite dalle Leggi Regionali.
- Abbina ai cibi bevande genuine realizzate con prodotti come acqua, vino, birra artigianale, succhi di frutta, senza aggiunta di ingredienti che ne modifichino il gusto.
- Rispetta l’ambiente, sia durante la produzione, somministrazione e consumo, sia nella gestione dei locali.
- Promuove il territorio di appartenenza, in virtù del fatto che i cibi di strada possono e devono essere gustati in loco per non modificare le caratteristiche tradizionali del loro consumo.
- Favorisce la convivialità e la collaborazione con altri soggetti che operano nella zona (associazioni, enti ecc.) per promuovere attraverso il cibo tutti i valori del territorio.
Partiamo alla scoperta…
Con le idee più chiare, proviamo a partire insieme per un primo goloso viaggio del gusto alla scoperta di alcuni dei più tipici street food regionali, senza la pretesa di essere esaustivi, ma con l’intento di stimolare la curiosità a trovare le 1000 altre proposte che sono il vanto del nostro paese.
La farinata ligure
Farina di ceci mescolata con acqua, poco sale e un po’ di olio extravergine d’oliva: sottile e gustosa la farinata ligure ha tutti i requisiti per aprire l’elenco degli Street food all’italiana, fatti con ingredienti genuini, lavorati nel modo più semplice. Si lascia riposare la pastella per qualche ora, e al momento di consumare si cuoce la farinata in una teglia larga e bassa, in forno con poco olio. Vincente nel gusto, la farinata è promossa anche sul piano della salute: la quantità di olio che si usa è limitata e una porzione da 50-60 g può costituire una buona merenda, alternativa al solito spuntino dolce.
La focaccia di Recco
Sempre in territorio ligure, impossibile trascurare la più famosa delle focacce: quella di Recco “col formaggio”. Ottenuta impastando farina, olio extravergine, acqua, sale, viene farcita con formaggio fresco e successivamente cotta in forno. Che sia squisita è indubbio, ma occorre un po’ di moderazione nel consumo, non tanto per l’olio dell’impasto (in una porzione ce ne sono 5 g), quanto per i grassi presenti nel formaggio. Più che un semplice spuntino, una bella fetta può considerarsi un vero piatto unico, al quale aggiungere soltanto un po’ di verdura cruda per avere un pasto completo.
Le tigelle di Modena
Il supporto perfetto per verdure, salumi e formaggi? Le tigelle di Modena! Latte, acqua, un pochino di strutto (ma poco), farina, lievito di birra e un po’ di olio extravergine, il tutto impastato a formare dei piccoli dischi e poi cotto nella apposita “tigelliera”. Certo, ferma restando la bontà delle tigelle (sono chiamate anche “crescentine”), quello che si sceglie per accompagnarle è essenziale anche per determinare la leggerezza dell’insieme: c’è differenza, per esempio, tra salame, lardo e prosciutto. Non c’è dubbio che quest’ultimo sia di gran lunga la scelta preferibile in termini di digeribilità e leggerezza, soprattutto per i bambini.
La piadina Romagnola
Altro tipico cibo da strada diffuso in Romagna è la piadina, ottenuta mescolando farina, strutto, un pochino di sale, acqua, ed eventualmente un po’ di bicarbonato. Oggi, in alternativa alla classica con lo strutto, si trova anche quella fatta con l’extravergine, ma come sempre è la dose a fare la differenza tra medicina e veleno. Accompagnata anche in questo caso con del prosciutto magro e, perché no, da un pochino di squacquerone (il tipico formaggio molle e fresco) una piadina può reggere tranquillamente un pasto veloce.
L’erbazzone dell’Emilia-Romagna
Rimanendo in Emilia-Romagna, uno street food che affonda le radici nella tradizione regionale più povera è l’ottimo erbazzone, una specie di torta salata che un tempo si chiamava scarpasòun, o scarpazzone, italianizzando il temine, perché nella sua preparazione le famiglie contadine usavano anche il fusto bianco, cioè la “scarpa”, della bietola. Ripieno di bietole lesse, uovo, scalogno e parmigiano, gioca necessariamente il ruolo di piatto unico.
A Firenze: il lampredotto
Nei chioschi di Firenze è da provare il lampredotto, che a descriverlo magari non fa venire l’acquolina in bocca, ma ad assaggiarlo è proprio buono. È fatto con l’abomaso (uno degli stomaci del bovino), cotto a lungo in acqua con pomodoro, cipolla, prezzemolo e sedano. Non è particolarmente grasso e insieme al pane costituisce uno spuntino davvero nutriente.
In Abruzzo: gli arrosticini
Chi non conosce gli arrosticini? Sono l’emblema del cibo di strada abruzzese. Se ne nutrivano i pastori che li preparavano con la carne delle pecore non più produttive, e oggi questi spiedini di carne ovina sono entrati anche nelle abitudini cittadine. Cotti rigorosamente alla brace, perdono molto del grasso della carne, guadagnando in leggerezza. Del buon pane a fette è l’accompagnamento ideale per avere la necessaria completezza nutritiva.
La porchetta laziale
Tagliata a fette come secondo piatto, oppure come farcitura dei panini, la porchetta è il classico cibo di strada laziale. Ottenuta dal maialino più giovane, si trova in tante versioni, più o meno grasse a seconda della parte che se ne consuma. Va da sé che più la si sceglie magra e meglio il suo profilo nutritivo aderisce alle esigenze di leggerezza dei bambini, anche se la consistenza risulta inevitabilmente più asciutta.
La pizza napoletana
Ed eccoci, scendendo in Campania, allo street food italiano per antonomasia: la pizza napoletana. Inconfondibile per la pasta morbida e sottile che si alza ai bordi a formare il “cornicione”, si può scegliere nella versione “Marinara”, con pomodoro, aglio, origano e olio, oppure nella classica “Margherita”, arricchita con la mozzarella. Probabilmente in cima alle preferenze dei bambini, la pizza esprime in sé il meglio della dieta mediterranea quanto a genuinità degli ingredienti e completezza nutritiva. Basta solo non esagerare…
I rustici pugliesi
Due piccoli dischi di pasta sfoglia che racchiudono al loro interno un ripieno cremoso di besciamella, mozzarella e pomodoro: ecco i “rustici”, che ogni rosticceria o bar del Salento non manca di proporre. Ottimi, ma non sono esattamente un esempio di leggerezza e digeribilità. Nella ricetta tradizionale, la pasta sfoglia si fa infatti con metà grasso e metà farina, senza dimenticare poi i grassi della mozzarella e della besciamella… Per i bambini, solo un assaggio.
A Palermo: pane e panelle
Se cereali e legumi sono un’accoppiata vincente sotto il profilo dietetico, il più tipico street food palermitano ha le carte in regola per aspirare a un posto sulla tavola della salute. Le panelle, infatti, sono semplici frittelle di farina di ceci, che in passato si mangiavano in mezzo a quelle forme di pane coperte di semi di sesamo che si chiamavano mafalde oppure come farcitura di panini rotondi non lievitati detti cacciotti. L’unico punto debole sotto il profilo nutrizionale è che le panelle sono fritte, perciò: solo una volta ogni tanto.
Gli arancini di Catania
Diffusi un po’ in tutta la Sicilia, a Catania gli arancini di riso sono praticamente oggetto di culto. Tanto per cambiare, si tratta di alimenti fritti, ma prima di condannarli diamo uno sguardo d’insieme al profilo nutritivo: amido abbondante dal riso, proteine dalla carne con cui sono farciti, e anche un po’ di fibre da piselli e pomodori… Insomma: un piatto unico del quale basta non abusare.
Sosta in spiaggia…
Girare in continuazione stanca, e il riposo in spiaggia è un piacevole “dovere” della vacanza. Più che di street food, in questo caso potremmo parlare di beach food, ma il concetto non cambia: qualcosa di buono da mangiare in tutta comodità, non sulla strada ma sotto l’ombrellone…
E anche in questo caso la scelta non manca: il grido “cocco belloooo, cocco di mammaaa!” dei venditori di cocco sulle spiagge adriatiche è l’equivalente (forse non altrettanto piacevole) del canto degli uccelli che allieta le passeggiate nei boschi, ma anche i venditori di bomboloni e ciambelle fritte sono una presenza caratteristica tra le sdraio. Ebbene, in questo caso la scelta è drastica: cedere alla gola e rassegnarsi a un inevitabile senso di pesantezza, oppure rinunciare alla trasgressione per poter godere in pieno dei giochi sulla spiaggia. Il cocco, infatti, al di là della freschezza che comunica in bocca, è un concentrato di grassi che oltre ad alzare parecchio il conto calorie, allungano a dismisura i tempi della digestione. Quanto poi ai bomboloni fritti e ai Krapfen, ogni commento è superfluo. Peraltro, il mercato della spiaggia offre comunque delle alternative più che accettabili: l’anguria è assolutamente perfetta per reidratare l’organismo e, nonostante il suo gusto dolce, apporta quantità davvero limitate di zuccheri. Se poi ci si vuole concedere qualcosa di più sfizioso e originale, ecco gli spiedini di frutta caramellata: veloci da digerire, sono una golosità che può aiutare anche i bambini ad avvicinarsi più volentieri al consumo della frutta.
Cibi dell’altro mondo
Al di là del modo e della varietà in cui si declina nelle nostre regioni, la tradizione del cibo di strada è diffusa in ogni parte del mondo, in particolare nei paesi più fortunati che possono contare su un clima caldo che invita al piacere di mangiare all’aperto. Messico, Egitto, Maghreb, Cina… un vantaggio indiscutibile della globalizzazione è che, grazie ai flussi delle persone e dei prodotti, oggi si può girare il mondo anche spostandosi nella propria città, ed è bello ritrovare così anche le modalità di consumo più tipiche dei diversi paesi. In una rapida carrellata di quello che potremmo chiamare lo street food etnico, è d’obbligo citare per primo l’ormai classico kebab, ricordando che se ben preparato è un eccellente concentrato di proteine, ottenute da carne di vitello, piuttosto che di montone o di pollo, a volte anche mixate tra loro. Nessun problema a proporlo anche ai bimbi, a patto di rinunciare a quelle salse piccantissime che la tradizione suggerirebbe di utilizzare. Sempre il piccante è il denominatore comune di un’altra cucina etnica di particolare successo: il tex-mex. Evitando il chili, sono comunque tante le proposte che i baracchini di street food mettono a disposizione anche per i bambini: le fajitas, per esempio, sono piccoli bocconcini di carne (in genere pollo o manzo) servite con verdure, in una preparazione accattivante quanto gustosa, e sempre rimanendo nella gastronomia messicana sono ottimi esempi di street food anche le quesadillas, specie di tortillas col formaggio che ricordano un po’ alcune nostre focacce. A pensarci, è proprio vero che tutto il mondo è paese, ed è curioso che tra i più tipici street food cinesi ci siano i ravioli (vegetariani, di carne, di gamberi), più grossi dei nostri e cotti al vapore, ma simili nell’aspetto alla nostra pasta ripiena. E si potrebbe continuare, tra sushi giapponesi, tajine del Maghreb, falafel egiziani, polpettine svedesi, ma se già un giro d’Italia è difficile da compiere, figuriamoci il giro del mondo…